I riflettori del mondo puntati sull’Alaska. Ad Anchorage è tutto pronto per lo storico incontro fra Donald Trump e Vladimir Putin che, sulla carta, offre una seria chance per la pace in Ucraina dopo tre anni e mezzo di duro conflitto. Il faccia a faccia tra i due leader, però, si presenta come una vera e propria partita a scacchi: “Ci sono il 25% di probabilità che non vada bene”, ha messo le mani avanti il presidente americano, dicendosi comunque convinto che il leader del Cremlino voglia un accordo.
E se il vertice si concluderà positivamente, Trump ha assicurato che chiamerà subito Volodymyr Zelensky per organizzare un “secondo incontro”, un vertice trilaterale. “Sarà molto, molto importante perché a quel punto sarà quello in cui faranno un accordo. Ho già tre locations in mente”, ha assicurato, ventilando anche l’ipotesi di “includere qualcuno degli europei’. Se però il faccia a faccia dovesse andare male “non chiamerò nessuno”, né Zelensky né gli europei, e “tornerò a Washington”, ha avvertito il presidente americano. E a questo punto, di fronte a una debacle, alla Casa Bianca non resterebbe altro che l’arma delle sanzioni contro Mosca, sventolata più volte ma finora mai attuata, fatta eccezione per quelle secondarie imposte all’India per gli acquisti di petrolio russo.
Ammettendo che un cessate il fuoco immediato è improbabile a dispetto del pressing del leader ucraino e dei suoi alleati, il tycoon si è dichiarato più “interessato a una pace immediata”. E per questa lavorerà: “Faremo del nostro meglio”, ha assicurato.
In un possibile accordo di pace rientrerebbero – secondo quanto offerto da Trump – anche garanzie di sicurezza a Kiev sotto l’ombrello degli Stati Uniti, ma non della Nato.
E la sicurezza futura dell’Ucraina è stata al centro dell’incontro fra Zelensky e il primo ministro britannico Keir Starmer. I due leader a Londra hanno concordato che il vertice in Alaska offre “una concreta chance di progresso, a patto che Putin agisca in modo tale da provare di essere serio riguardo alla pace”. E così come il presidente ucraino, i leader europei restano alla finestra in attesa di conoscere gli esiti dell’atteso incontro fra speranze e timori. Probabile una nuova videocall nel weekend per discutere i risultati del summit, nell’attesa che Trump si faccia vivo.
Per convincere Mosca a mettere fine alle ostilità, The Donald arriva in Alaska con in tasca una serie di proposte: sul piatto offrirà dalla revoca di alcune sanzioni alla possibilità per la Russia di accedere ai minerali e alle terre rare in Alaska e nei territori ucraini attualmente occupati da Mosca. Se per Putin, la cui economia è sempre più in difficoltà sotto il peso della guerra, sarà abbastanza è tutto da vedere. Il Cremlino appare al momento più interessato ai territori ucraini, e al loro riconoscimento sotto il controllo russo. “Ci sarà uno scambio”, ha ribadito ancora una volta Trump senza entrare nei dettagli e nonostante la contrarietà di Kiev e dell’Europa.
Fra le ipotesi allo studio ci sono quelle di ricalcare i modelli della Corea o della Cisgiordania, così da aggirare i limiti imposti dalla costituzione ucraina e le resistenze degli alleati. Ma per Putin le divergenze fra le due sponde dell’Atlantico sono un’opportunità per presentare Kiev e i suoi alleati europei – e non la Russia – come i veri ostacoli alla fine della guerra, e per provare a gettare le basi per separare il dossier dei rapporti fra Washington e Mosca dal destino dell’Ucraina.
Fra giravolte e attese stemprate Trump, comunque, si presenta ad Anchorage – secondo gli osservatori – come colui che ha più da perdere. Molto diversa la posizione di Putin, riuscito a conquistare un summit in territorio americano, a deviare (almeno per ora) le minacce di sanzioni e, soprattutto, rilanciare la Russia come una delle poche potenze mondiali con legittime sfere di influenza. Oltre a realizzare l’obiettivo di breve termine di poter ‘corteggiare’ Trump in persona sperando di ottenere quello che vuole.
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