Distano più o meno 760 chilometri gli stadi di cemento e i campi blu e azzurri a nord di downtown Cincinnati e la Casa Bianca: otto ore in auto usando le Interstate 70 e 71 oppure tre ore e mezza tra volo e trasferimento dagli aeroporti. In Ohio sono programmate le finali dei Masters 1000 maschile e femminile. In contemporanea a Washington, Donald Trump e i capi di stato europei, compreso Volodymyr Zelensky, stanno discutendo su come fermare i massacri in Ucraina. Eventi incomparabili per rilievo e possibili conseguenze. Tuttavia, se è vero – lo sosteneva George Orwell – che “lo sport serio non ha nulla a che vedere con il fair play, è legato all’odio, alla gelosia, al vanto, al disprezzo delle regole e al piacere sadico di assistere alla violenza: in altre parole, è guerra senza gli spari”, allora un filo sottilissimo collega i due luoghi. Dove la guerra è sublimata, come a Cincinnati, Jannik Sinner capisce quando combattere non ha più senso. Dove invece dalle decisioni di pochi leader dipendono le vite di milioni di donne e uomini sembra che la guerra “con gli spari” mantenga sempre una forza propria, tanto atavica quanto incoercibile. Fine della metafora sport-guerra, peraltro spesso abusata.
Del match tra l’italiano campione uscente e Carlos Alcaraz sul campo centrale del Lindner Family Tennis Center c’è poco da raccontare: cinque game con un giocatore che faticava persino a correre e un altro in piena forma e grande spolvero, 23 minuti senza scambi, 29 punti per lo spagnolo e 8 per l’italiano. Il ritiro poteva anche arrivare al terzo gioco. Non è la prima volta che Sinner ha problemi di tenuta nervosa o fisici: successe con Stefanos Tsitsipas nei quarti di finale a Melbourne nel 2022, nel quinto set dei quarti degli Us Open dello stesso anno contro Alcaraz, nel match che lo vedeva opposto a Daniel Altmaier nel secondo turno del Roland Garros 2023, nel drammatico quarto a Wimbledon l’anno scorso contro Daniil Medvedev quando addirittura vomitò in campo, il mese scorso ai Championships nel confronto degli ottavi di finale con Grigor Dimitrov. Spesso riesce a riprendersi, come poche ore fa nella partita vittoriosa contro il francese Terence Atmane, a volte no: “Da ieri non stavo bene e sono peggiorato nella notte”, ha detto durante la premiazione. “Ci ho provato ma non ha funzionato”. Di questa sua fragilità faremo tutti meglio a ricordarci in futuro.
Paolini e il doppio Musetti-Sonego
Erano quattro gli italiani in campo nelle finali delle specialità del terzo grande torneo americano, dopo i primaverili a Indian Wells e a Miami: oltre a Sinner, c’erano Jasmine Paolini nel singolare e i due Lorenzo, Musetti e Sonego, nel doppio. Nessuno di loro ha alzato la coppa. Il carrarino e il torinese hanno perso domenica nel long tie break decisivo contro gli specialisti Nikola Mektic, classe 1988, croato, e Rajeev Ram, 1984, americano (4-6 6-3 10-5), mentre la numero 1 d’Italia e 8 del mondo ha ceduto sotto i colpi di Iga Swiatek, competitiva su ogni superficie dopo il trionfo a Wimbledon. Una fiammata iniziale ha portato avanti 0-3 l’ex allieva di Renzo Furlan, che però è stata raggiunta e superata dalla polacca. All’inizio gli scambi sono stati rapidissimi, con vincenti soprattutto lungolinea, poi la qualità, la varietà e la potenza sono salite di livello per merito di entrambe. Sul 5 pari, Iga ha di nuovo preso le redini del gioco, chiudendo sul 7-5. L’equilibrio s’è confermato nel secondo parziale, caratterizzato dai plurimi break, con Jasmine in brillante rimonta nel sesto game grazie a uno dei punti più spettacolari visti nelle due settimane nell’America tennistica profonda, già descritta mirabilmente da David Foster Wallace. Mai doma, Paolini ha tenuto fino alla fine la scia della ex numero 1 WTA, da oggi ufficiosamente 2, ma il 6-4 ha confermato la sensazione che ormai sappia come mettere in difficoltà Swiatek. Questione di tempo.
Sinner e Paolini erano approdati alle finali del Cincinnati Open al termine di percorsi assai diversi ma altrettanto efficaci. Lui aveva superato in scioltezza ogni turno fuorché quello contro Adrian Mannarino, lei aveva quasi sempre sofferto, dominando di fatto soltanto Barbora Krejcikova, dalla quale era stata sconfitta 6-2 2-6 6-4 un anno fa quando in palio c’era il titolo sull’erba dei Championships. Ecco i sintetici riepiloghi per chi, distratto dalle ferie di Ferragosto, non avesse seguito le fasi dell’unico 1000 combined estivo.
Il 9 agosto Jannik aveva esordito con un 6-1 6-1 rifilato in 59 minuti al colombiano Daniel Elahi Galán, sommando appena cinque errori nel set d’apertura. Più combattuto (6-2 7-6) il match contro il convincente canadese Gabriel Diallo, interrotto per un allarme antincendio in avvio del secondo set: per prevalere, l’italiano aveva dovuto annullare un set point nel tie-break. Negli ottavi di finale, il confronto con il francese Adrian Mannarino era stato influenzato da quasi tre ore di interruzione per pioggia e da percentuali non perfette del numero 1 ATP (6-4 7-6). In compenso, gestione fredda nei momenti decisivi. Il quarto di finale contro Felix Auger-Aliassime s’era presto trasformato in un one-man-show (6-0 6-2 in 71 minuti). Infine, domenica, il ventiquattresimo compleanno celebrato al meglio: 7-6 6-2 alla sorpresa d’oltralpe Terence Atmane, senza mai concedere break point e con il 91 per cento di punti vinti con la prima. Statististicamente, fino a oggi Sinner aveva viaggiato sulla scia dell’efficienza pura: zero set persi, media di appena 2,75 game concessi per ogni match, 91 per cento di punti vinti sulla prima di servizio in semifinale, una continuità che trova pochi confronti nella storia recente del cemento.
Quella di Jasmine era stata come sempre la via più faticosa, scandita dagli impegni nei giorni pari nel singolare e nei dispari nel doppio, al fianco di Sara Errani: in tutto, compreso il match di oggi, nove partite in altrettanti giorni. Ad alta tensione la partita d’avvio il 10 agosto contro Maria Sakkari, ex numero 3 al mondo, risolta nei tie break dopo aver subito la rimonta della greca e aver sciupato tre occasioni di break nel secondo parziale. L’americana Ashlyn Krueger aveva fatto il possibile nel primo set ma era crollata nel secondo (7-6 6-1). Agli ottavi s’era concretizzata, in miniatura, la vendetta per la delusione di Wimbledon 2024: 6-1 6-2 alla ceca Krejcikova, annichilita in poco più di un’ora. Nei quarti di finale era arrivata la conferma che in maggio il successo contro Coco Gauff sulla terra del Foro Italiano non fu un caso. Dopo aver ceduto il primo set, aveva aggiustato mira e misura e poi allungato gli scambi, giocando soprattutto sul rovescio dell’americana: 2-6 6-4 6-3. La semifinale era stata il passaggio di maturità: 6-3 6-7 6-3 alla russa Veronika Kudermetova, contrastando l’onda dopo l’occasione mancata di chiudere i conti sul 5-3 del secondo set. In questa fase della carriera l’efficacia al servizio, spesso sopra il 60 per cento, sembra essere il punto di forza della piccola lucchese. Le statistiche di Cincinnati evidenziano che, anche sotto pressione, è riuscita a mantenere un servizio efficace (tra il 57 e il 66 per cento di punti vinti) e buone performance nella risposta, vincendo nei suoi incontri più duri oltre il 57 per cento dei punti totali.
Le tre finali su quattro con italiani in lizza sono state una prima assoluta in un torneo di questo livello. Ora, del passaggio nel Midwest che ha preceduto gli Us Open bisogna prendere il buono e dimenticare in fretta gli epiloghi. Nell’immediato non è da escludere che Sinner dia forfait all’ultimo minuto per il torneo di misto nella nuova formula inventata dagli strateghi e dal marketing di Flushing Meadows: dovrebbe scendere in campo tra poche ore, alle 20.20, in coppia con la ceca Katerina Siniakova contro Alexander Zverev e Belinda Bencic. A breve sapremo cosa intende fare.
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